PARTECIPAZIONE

 

Stamattina, orario caffè, Luca Vaglio – giornalista, scrittore, autore e chi più ne ha più ne metta, ha avuto qualcosa da dirci.

Ci è difficile dire se abbiamo bevuto con Luca un caffè o, piuttosto, un calice di vino pregiato, stappato, magari, direttamente dalla cantina della pellicola “Un’ ottima annata”. 


La cura migliore per quella malattia strana di fare programmi sul futuro è una colazione al bar, ancora di più se la terapia si perfeziona alle undici di mattina, con cappuccino al cacao e croissant alla crema, al cioccolato, come si desidera: ovvero, assumere una droga dell’ umore a effetti rapidi, che inneschi una sorta di teletrasporto chimico e improvviso della coscienza, o forse un’ eco psichica, un flashback che rimandi all’ infanzia più profonda.


 

Così, approfittando di caffè e croissant, ci è tornata in mente la famosa storia dei chicchi di caffè, delle carote e delle uova, racconto molto utilizzato negli ambienti del miglioramento personale.

In breve: c’era una volta un qualcuno che chiese a qualcun altro, affranto dalle difficoltà della vita, a cosa volesse assomigliare se fosse stato un alimento a contatto con l’acqua bollente, spiegandogli le varie differenze tra l’ambire a voler essere un chicco di caffè, un uovo o una carota.

La storiella, una delle leggende dell’efficacia ed efficienza personale, reperibile anche qui, si chiude così:

 


Se sei come i chicchi di caffè, quando le cose si mettono male,

reagirai al meglio e permetterai che il mondo intorno a te migliori.


 

D’altra parte, correttamente, a nessuno piace essere lessato o fatto sodo: e quindi come possiamo voler assomigliare ad una carota o ad un uovo, dipinti così poi!

 


Sei una carota che sembra forte,

ma poi quando arrivano le avversità e il dolore, diventa debole e perde la sua forza?

Sei un uovo, che all’inizio ha un cuore malleabile e uno spirito fluido,

ma dopo una morte, una separazione o un addio, diventa duro e rigido?

 Oppure sei come il caffè? Il caffè cambia l’acqua, l’elemento che gli causa dolore.

Quando l’acqua arriva al punto di ebollizione, il caffè sprigiona il suo sapore migliore.


 

Insomma, l’ambizione sembra debba essere sprigionare il nostro migliore aroma.

Tutte queste leggende dicono che è auspicabile trasformarci in caso di difficoltà.

Poi, oltre alle storielle ci si mettono anche i cantautori, poiché:

 


“dai diamanti non nasce niente
dal letame nascono i fior”


 

(Questa, è talmente famosa che non vi è necessità di citarne la fonte: è già marchiata di suo).

Così, ci siamo fermati.

 

Da chicco di caffè diventare bevanda ricercata, proposta in mille e più modi, conosciuta in tutto il mondo tra una Milano e una Napoli che ne contendono il record di battute esilaranti sulla sua preparazione o… pensarci un attimo? 

 

L’uovo, è nutriente proprio perché sodo.

La carota, leggera e sfiziosa se lessata.

 

Il caffè? Un buon profumo, alcune celebri controindicazioni : “non bere troppo caffè mi raccomando!” – come il resto, del resto.

Quindi?

Noi pensiamo che non possiamo essere solo come il caffè perché questo vorrebbe dire non dar conto a quelle parti di noi, esistenti, che si rammolliscono come una carota o che si induriscono come un uovo.

E’ improponibile, utopistico, fuorviante, pensare di dover sempre e solo trasformarsi “nel meglio di noi” per sprigionare qualcosa. 

Siamo anche carota lessata, e anche uovo sodo: sono già trasformati: la carota, è lessata (non cruda); l’uovo, è sodo (non crudo)

La durezza del guscio d’ uovo, come l’esperienza costruita al cui interno ci aspetta un contenuto bianco e giallo: proteico, vitaminico, modulabile, sensazionale per i suoi mille e più utilizzi.

 

La parvenza di fragilità della carota, silenziosa e stabile nell’entroterra che l’accoglie mentre nasce scavando, scavando e scavando ancora, allungandosi nel buio fino a spuntare scherzosa per essere raccolta: simpatica, dissetante, colorata. 

 

Il caffè, dopo un pasto del genere, non può mancare.

 

Il nostro, stamattina, è accompagnato da Luca Vaglio ed è intriso di mindfulness.

Si, perché Luca, con le sue parole, ci ha fornito degli ingredienti preziosi.

Godiamoceli, mentre pensiamo a cosa faremo domani – diciamo noi – mentre io mi esprimo, tu ti esprimi, e dal confronto nasce qualcosa: una carota, un uovo, lo spazio di un caffè insieme, in cui creiamo un confronto da cui possiamo prendere e dare a vicenda, scegliendo con chi relazionarci.

È una conversazione intensa per una mattinata comune, e non capita tutti i giorni: quanta emozione!

Vorremmo dire a Luca: restiamo su quella brioche e su quel caffè, al bar, assaporando l’ eco psichico che ne deriva.

Grazie all’ emozione ratatouille – l’abbiamo battezzata così – abbiamo avuto la fortuna di sentire. L’emozione ratatouille non è descrivibile, ma è … sentibile.

Così tanto che siamo arrivati ad inventare parole per descriverla.

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Cogliamo l’occasione per ringraziare, con questo articolo, un nostro contatto che ha voluto rimarcare profondamente l’importanza del “per fortuna”. Perché, davvero, il sentire, è una fortuna: non capita tutti i giorni di “parlare la stessa lingua“. E’ come un bacio, alla Michele Bravi, quando “il due diventa uno” e, se troviamo quell’altro al di fuori di noi che ascolta quella parte dentro di noi, siamo davvero fortunati, perché possiamo suonare con qualcuno , e il nostro personale concerto si arricchisce di strumenti.

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