TROVA LE DIFFERENZE
Oggi vogliamo prendere spunto dall’ aggiornatissimo e coinvolgente profilo Instagram “Dealogando” – che ha come focus il mondo dell’imprenditoria, del lavoro, dell’economia e dell’innovazione – per proporre qualche riflessione sull’empatia che, come suggerito, è “sempre più richiesta nel mondo del lavoro”, come abilità sociale di fondamentale importanza.
In un post della pagina l’empatia viene definita come “la capacità di percepire pensieri ed emozioni altrui“, riconoscendo lo stato d’animo dell’altro come se fosse il proprio.
In termini diretti, significa che una persona dotata di empatia riesce a sintonizzarsi sulle emozioni altrui percependo queste stesse emozioni e arrivando non solo a coglierle ma addirittura a comprenderle, intendendo con la parola “comprensione” la capacità di “𝖺𝗌𝗌𝗎𝗆𝖾𝗋𝗅𝖾 𝖼𝗈𝗆𝖾 𝗉𝗋𝗈𝗉𝗋𝗂𝖾” (a questo proposito ci sentiamo di consigliare il libro dell’autrice Christel Petitcollin “Il potere nascosto degli ipersensibili”).
Nel sito Afcformazione.it, ad opera del formatore Alessandro Ferrari, si leggono alcune sottigliezze che riguardano la sensibilità empatica:
Empatia Cognitiva: È quella tipologia di empatia che permette di intuire chiaramente quello che l’altra persona pensa e di comprenderne a fondo il suo punto di vista. È l’empatia tipica utilizzata dai grandi oratori, dai venditori e dai negoziatori. Sostanzialmente, tra tutte le forme di empatia, è quella meno profonda e sviluppata, poiché se da una parte vi è la comprensione delle emozioni altrui, dall’altra spesso manca la compassione e il desiderio di preoccuparsi effettivamente di cosa provano le altre persone e di voler quindi fare qualcosa per aiutarle. Possiamo dire che l’empatia cognitiva è un’empatia a metà, quasi apparente in quanto alla comprensione degli stati d’animo altrui non segue un reale desiderio di far scaturire un’azione che sia utile al benessere dell’interlocutore.
Empatia Emotiva o Affettiva: In questo secondo tipo di empatia, il rapporto che si crea è più profondo e si è in grado non solo di comprendere ma anche di provare davvero dentro se stessi le sensazioni delle altre persone. È stato scientificamente provato che durante questa fase dell’empatia vi è un vero e proprio rispecchiamento del sistema di neuroni che attivano nei nostri circuiti cerebrali le stesse emozioni che sta vivendo la persona che abbiamo davanti. L’empatia emotiva o affettiva è quindi un gradino più in alto rispetto a quella cognitiva poiché ci permette di comprendere e anche sentire sulla nostra pelle gli stati d’animo altrui ma non necessariamente di provare compassione per essi.
Empatia Compassionevole: Questa ultima tipologia di sensibilità empatica implica quella che viene definita preoccupazione empatica. Ovvero nell’empatia compassionevole sono fuse assieme tutte le doti degli altri due tipi di empatia e siamo quindi in grado di comprendere le emozioni dell’altro, di provarle dentro di noi e in più riusciamo anche a capire come aiutare la persona che abbiamo davanti. Nasce in noi la compassione e il desiderio di prodigarci per l’altro in modo da alleviare le sue sofferenze e renderci utili al suo star bene. È questa quindi la forma di empatia più vera ed autentica, quella di coloro che fanno dell’altruismo e del benessere della collettività la loro bandiera e la loro missione di vita.
Vogliamo dettagliare maggiormente 𝗂𝗅 𝗍𝖾𝗆𝖺 𝖽𝖾𝗅𝗅’𝖾𝗆𝗉𝖺𝗍𝗂𝖺 𝖺 𝗅𝗂𝗏𝖾𝗅𝗅𝗈 𝖺𝖿𝖿𝖾𝗍𝗍𝗂𝗏𝗈, osservando la dinamica che si crea all’interno di una persona empatica che entra in contatto con stati d’animo emozionali altrui, e lo vogliamo fare con due esempi:
Claudia, persona empatica, incontra la sua amica Serena, la quale le comunica che sta per sposarsi.
Serena è felicissima, fa i salti di gioia per l’emozione e il sorriso le inonda ogni parte del corpo mentre comunica alla sua migliore amica questa bellissima notizia.
Claudia è felice con e per Serena poiché è in grado di condividere l’emozione dell’amica e di farla propria, gioendo con lei.
Dentro di sé, Claudia, “sente” la gioia di Serena, “comprendendo” l’emozionalità dell’amica e festeggiando con lei il suo stato emotivo.
Nel caso in cui Claudia non condivida l’istituzione del matrimonio, da empatica è comunque felice con e per Serena, benché le sue idee differiscano da quelle dell’amica. Le idee di Claudia non intaccano la sensibilità condivisa.
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Giovanni perde il lavoro. Si sente disperato, inutile e prova molta rabbia per ciò che lui vede come un “fallimento professionale”. Chiama al telefono Andrea, un suo collega, per comunicargli la brutta notizia.
Andrea, molto empatico, percepisce lui stesso le emozioni della rabbia, dell’inutilità e della disperazione, provando dentro di sé quelle stesse emozioni e dando all’altro ascolto, confronto e conforto.
Andrea riesce a mettersi nei panni di Giovanni che ha perso il lavoro e a fornirgli un supporto emotivo utile, supporto in cui frasi sbrigative come “morto un papa se ne fa un altro” trovano poco spazio per accogliere l’emozione di sconforto in cui si trova Giovanni e fare qualcosa per lui: qualcosa che abbia come focus l’ascolto, il confronto e, se la relazione lo concede, il sostegno morale.
Rimanendo in campo affettivo, negli esempi riportati, ci viene facile valutare chi accanto a noi possiede questa dote e chi no: per una persona empatica 𝖺𝗏𝖾𝗋𝖾 𝗊𝗎𝖾𝗌𝗍𝗂 𝖿𝗂𝗅𝗍𝗋𝗂 non solo è importante ma è basilare per meglio destreggiarsi nel mondo.
Un empatico, infatti, scivolando facilmente nell’altrui emozionalità, si accolla involontariamente – o almeno fino a quando non è consapevole del suo funzionamento interno – tutti gli oneri e gli onori di questa sua caratteristica.
Gli onori sono composti dal “𝗌𝖾𝗇𝗍𝗂𝗋𝖾” ciò che è l’altro e quindi venirne influenzato a livello energetico, ma anche cognitivo. Così, l’empatico che si trova a contatto con una persona serena, gioiosa, spensierata, genuina può essere condizionato da queste qualità, così come può avvenire il contrario.
Difatti, in caso di vicinanza a persone stressate, tristi o mancanti di serenità, la persona empatica avvertirà questi stessi malesseri al suo interno, purtroppo a volte riscontrando 𝗎𝗇’ 𝗂𝗇𝗏𝖺𝗌𝗂𝗈𝗇𝖾 𝗂𝗇𝗍𝖾𝗋𝗇𝖺 proprio a causa della sua ipersensibilità: invasione che accade nel caso in cui l’empatico non abbia stabilito dei confini interni, tali da permettergli la 𝗀𝗂𝗎𝗌𝗍𝖺 𝖽𝗂𝗌𝗍𝖺𝗇𝗓𝖺 𝖾𝗆𝗈𝗍𝗂𝗏𝖺 tra ciò che vede nell’altro e che non può fare a meno di sentire e ciò che in realtà non gli appartiene.
Nel momento in cui l’empatico fa propria questa piccola e grande verità, è in grado di entrare nella sua dimensione interna che gli permette non di farsi travolgere dall’altrui stato emotivo, ma anzi di analizzarlo per scegliere come rapportarcisi, mantenendo il suo “posto interiore” ed essendo comunque nel mondo, con l’altro – pena l’isolamento da tutto ciò in cui fatica a destreggiarsi.
Durante un corso di formazione che abbiamo tenuto qualche tempo fa a un gruppo di ragazzi dai 20 ai 30 anni, su tutto ciò che concerne le basi della comunicazione (in gergo: soft skills), ci siamo resi conto di quanto il tema dell’ empatia sia in realtà un qualcosa di poco conosciuto, nonché caratteristica interna molto rara – cosa tra l’altro confermata solo osservando la società in cui viviamo, in cui più che la vicinanza all’altro si osserva la distanza dall’altro.
Abbiamo proposto una clip ad opera di 𝖡𝗋𝖾𝗇𝖾̀ 𝖡𝗋𝗈𝗐𝗇 (professoressa e conferenziera americana, esperta su temi come il coraggio, la vulnerabilità, la vergogna, l’empatia), che riportiamo anche qui.
In accordo con i maggiori studi di settore, e quindi condividendo quanto riportato nel profilo Instagram di Dealogando, pensiamo che conoscere e incanalare la propria empatia possa fornirci non solo rapporti e relazioni più soddisfacenti – rimanendo in tema dell’empatia affettiva – ma anche fornirci strumenti utilissimi per il nostro sviluppo professionale, e quindi personale, favorendo così scelte più etiche e consapevoli.